Come tra molti altri popoli antichi, anche tra gli israeliti le pietre sacre avevano un importante ruolo cultuale. L’Antico Testamento usa il termine maṣṣēbâ (letteralmente, una cosa eretta) per designare una pietra così sacra, di solito sotto forma di una stele non iscritta. Le pietre sacre erano considerate con approvazione nei primi testi dell’Antico Testamento; in seguito furono proibiti a causa della loro associazione con riti idolatri cananei.
Le pietre sacre furono usate durante le cerimonie di ratifica del patto al Sinai (Es 24.4). Mosè eresse 12 maṣṣebôt come segno dell’accettazione del patto di Yahweh da parte delle 12 tribù israelite. Una pietra divenne sacra anche a causa della sua associazione con una teofania. Dopo la sua visione a Betel, Giacobbe prese la pietra su cui aveva dormito, la unse con olio e la pose per commemorare la sua visione (Gn 28.18). Quando in seguito Betel divenne un santuario popolare, l’unzione della pietra divenne parte dei riti ivi celebrati (Gn 35.14).
Il maṣṣebôt, tuttavia, non erano sempre direttamente collegati alla divinità. A volte erano usati come monumenti funebri (Gn 35.20) o come stele commemorative di un accordo, come quello di Giacobbe e Labano (Gn 31.44-54). L’erezione delle pietre era un metodo naturale per delimitare il territorio sacro attorno a un santuario; alla fine le pietre stesse vennero considerate sacre. Ad esempio, dopo aver attraversato il Giordano in Palestina, Giosuè ordinò l’erezione di 12 pietre dal Giordano come memoriale (Gsè 4.19). Queste pietre potrebbero essere state usate per racchiudere l’area intorno al santuario di Galgal (Ghilgal), perché in ebraico, Gilgal significa cerchio di pietre.
Nell’Israele monarchico il maṣṣebôt assunse connotazioni malvagie a causa della loro relazione con i culti cananei della fertilità sugli alti luoghi. Le caratteristiche annesse di questi siti erano il pilastro sacro in pietra (maṣṣēbâ ) e il sacro palo di legno (‘asher ). Pilastri sacri sono stati trovati in siti archeologici palestinesi, come Mageddo, Beth-San e Sichem. Il pilastro, a volte in forma fallica, era legato alla divinità maschile pagana; il palo, con la femmina. Tali associazioni hanno fatto uso del maṣṣebôt ripugnante allo yahwismo ortodosso. Numerosi testi vietavano l’erezione di maṣṣebôt (es. Lv 26.1; Dt 16.22) e ne ordinò la distruzione (Ez 23.24; 34.13; Dt7.5; 12.3). Le diatribe dei Profeti contro il culto idolatra implicavano anche la condanna di maṣṣebôt –vedere Noi 5.10-13; Os 4.13; 10.1–2; Ger 2.20.
Sulla Ka’bah, la pietra sacra dei musulmani, vedi la Mecca; h: ajj; Islam.
Bibliografia: r. di valori, L’antico Israele, la sua vita e le sue istituzioni, tr. j. mchugh (New York 1961) 285-287, 290, 303, 314,414.
[per. solzer]