Un movimento, in gran parte di ispirazione ecclesiastica, per arrestare l’anarchia mediante censure e patti di pace; ebbe origine in Aquitania verso la fine del X secolo e si era diffuso in gran parte dell’Europa entro la metà del XII secolo.
Quando la dinastia dei Capetingi prese il potere in Francia (c. 987), l’organizzazione carolingia era in rovina da oltre un secolo, in particolare al centro e sud: la proprietà era preda dei baroni briganti; le guerre private erano comuni; il sistema giudiziario era quasi impotente. Di conseguenza, le chiese locali furono spinte a prendere misure per proteggere le proprietà, sia laiche che ecclesiastiche. Un primo esempio viene da un consiglio dell’arcivescovo di Bordeaux e delle sue suffraganee (Poitiers, Périgueux, Saintes, Angoulême) a Charroux (Poitiers) nel 989, dove furono pronunciate scomuniche contro i violatori delle chiese, gli aggressori di chierici disarmati e gli spogliatori del bestiame dei poveri (JD Mansi, Concil nuova e vasta collezione [Parigi 1889–1927] 19:90). A Le Puy l’anno successivo il vescovo locale impose un “patto di pace” a tutti i suoi sudditi; e un consiglio convocato dal conte Guglielmo V d’Aquitania a Poitiers (1000-14) aveva come tema “Un nome delizioso è davvero quello della pace” (JD Mansi, Concil nuova e vasta collezione [Parigi 1889–1927] 19: 267). Successivamente, con il consenso del re Enrico I di Francia, nel 1031 i vescovi d’Aquitania stabilirono a Bourges un Consiglio di pace (JD Mansi, Concil nuova e vasta collezione [Parigi 1889–1927] 19: 507); il suo successo permise ai vescovi del Limosino riuniti a Limoges nel 1033 di sperare, mentre formulavano un anatema commovente contro i signori della guerra, che la pace allora prevalente in Aquitania “sarebbe stata presto raggiunta tra i limosini” (JD Mansi, Concil nuova e vasta collezione [Parigi 1889–1927] 19: 529–530). Scrivendo nel 1046, Rodulphus Glaber, uno storico borgognone, descrisse come l’esempio dell’Aquitania avesse ispirato tutta la Francia a tenere consigli “per ristabilire la pace” in cui i presenti gridavano con le mani alzate: “Pace! Pace! Pace!” come “segno di un patto perpetuo tra loro e Dio” (Le storie di cinque ed. M. Prou [Parigi 1886] 103-105). Nei principati di Normandia e nelle Fiandre del nord, il potere secolare era sufficientemente forte per dominare il movimento; così Baldovino IV delle Fiandre organizzò un grande giuramento di pace collettivo nel 1030, mentre in Normandia i governanti commissionarono ai vescovi la scomunica e, se necessario, invocare il braccio secolare, contro i trasgressori delle promesse di pace (Concilio di Lillebonne, 1080; JD Mansi, Concil nuova e vasta collezione [Parigi 1889–1927] 19: 555).
Fuori dalla Francia. In Italia, nonostante le aperture di alcuni prelati francesi ai vescovi italiani nel 1040 e 1041, la pace non fu introdotta fino a quando Papa Urbano II e i baroni normanni non la proclamarono nel 1089 nell’Italia meridionale. Durante le liti tra papa gregorio vii e l’imperatore enrico iv, i vescovi e i nobili presero l’iniziativa in Lorena e in Germania, ma l’imperatore si fece carico della pace al suo ritorno dall’Italia nel 1077. La Spagna rimase indietro fino a quando c. 1124, mentre la pace non fu mai più che un nome in Inghilterra, dal momento che un regime anglosassone in cui il potere dei signori non ha mai del tutto compromesso la libertà degli altri passò direttamente nel 1066 a una monarchia vigorosa e ben organizzata. In generale il movimento ebbe un successo qualificato, contando molto sulla scomunica e sull’omaggio feudale dovuto a governanti, nobili e vescovi (vedi feudalesimo). A volte le promesse dei signori locali erano convalidate da ostaggi e spesso i baroni si impegnavano a mettere in ginocchio chiunque dei loro ranghi che dovesse rompere il giuramento collettivo. Occasionalmente il movimento sfuggì di mano, come nella sconsiderata e sfortunata Milizia di Berry, fondata nel 1038 da Aimon, vescovo di Bourges, o nei gruppi popolari “pacificatori” fondati a Le Puy nel 1082.
Tregua di Dio. Alleata alla pace di Dio, ma distinta da essa, c’era una “tregua di Dio”, durante la quale le ostilità sarebbero state sospese. Inizialmente discussa, forse, al Concilio di Toulouges (Rossiglione) nella diocesi di Elne nel 1027, dove furono proclamati alcuni “giorni di riposo” dai combattimenti, in particolare la domenica (JD Mansi, Concil nuova e vasta collezione [Parigi 1889–1927] 19: 483–484), quest’idea eccellente fu in seguito abusata fino all’estinzione; nel 1139 (Terzo Concilio Lateranense; Risoluzioni dei Concili ecumenici [Bologna-Friburgo 1962] 169) copriva una pausa settimanale dal tramonto del mercoledì all’alba del lunedì, così come tutto l’Avvento, le ottave del Natale e dell’Epifania, e il periodo da Quinquagesima (da Septuagesima entro il 1179; Risoluzioni dei Concili ecumenici [Bologna-Friburgo 1962] 198) all’Ottava di Pasqua.
Bibliografia: l. huberti, Studi sulla storia giuridica della pace di Dio e della pace della terra (Ansbach 1892). fv duval, Dalla pace di Dio alla pace del ferro (Parigi 1923). y. bongert, Ricerca sui tribunali X secolari e al XIII e secolo (Parigi 1949). b. vasaio, Persone e Chiesa al tempo dell’inizio Movimento per la pace di Dio in Francia (Berlino 1957). m. bloch, Società feudale, tr. la manyon (Chicago, Illinois, 1961). K. bosl, Lessico di teologia e chiesa, ed. j. hofer e k. rahner (Friburgo 1957–65) 4: 1106–07. d. kennelly, “Città medievali e la pace di Dio”, Medievale e umanistico 15 (1963) 35-53. un. Hoffmann, La pace di Dio e la Treuga Dei (Stoccarda 1964).
[le boyle]