Gallieno, imperatore romano

Imperatore 253-268; b. Publio Egnazio Gallieno, c. 218; d. Milano, agosto (?) 268. Sua madre era Gnatia Mariniana. Nel 253, quando suo padre, P. Licinio Valeriano, divenne imperatore, Gallieno fu nominato Augusto e dato all’Occidente da difendere. In campagne di successo lungo il Reno, salvò la Gallia dagli attacchi delle tribù germaniche e nel 258 a Milano controllò un’invasione dell’Italia da parte degli Alamanni. Alla morte del padre Valeriano, nel 259 o 260, la difesa dell’Impero, complicata da numerose ribellioni tra i suoi generali, cadde su Gallieno. Nel 267 ottenne una brillante vittoria sugli Eruli, che stavano devastando la Grecia, e tornò in Italia per frenare la rivolta di Aureolo. Fu assassinato dai suoi ufficiali durante l’assedio di Milano nel luglio o agosto 268. Gallieno introdusse una serie di importanti riforme politiche, militari e religiose; senatori esclusi dai comandi militari; e creò un corpo di cavalleria indipendente con base a Milano. Nel 260 ha emanato editti che hanno posto fine alla persecuzione dei cristiani, ha riconosciuto i loro vescovi e restaurato le loro chiese e cimiteri (Eusebio, Capanna. Ep. 7.13). La sua tolleranza seguì alla realizzazione del fallimento della politica di suo padre e rifletteva l’influenza di sua moglie, Salonina, che aveva una grande stima per i cristiani. Questa è stata la prima dichiarazione romana di tolleranza per i cristiani. Sebbene la tradizione successiva abbia reso Gallieno un tiranno, era un uomo di alta cultura e di energia illimitata, profondamente consapevole dei bisogni essenziali dei suoi tempi. Molte delle sue riforme politiche anticiparono quelle di Diocleziano.

Bibliografia: u. malvagio, Paulys Realencyklopädie dell’antichità classica, ed. g. wissowa et al. 13.1 (Stoccarda 1926) 350–369. gm bersanetti, Enciclopedia Italiana di scienzi, littere ed arti. 36 v. (Roma 1929–39) 16: 326–327.

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