Teologia revisionista

Nel senso più ampio, “teologia revisionista” si riferisce a movimenti teologici recenti come il teismo dei processi e varie forme di teologia politica e della liberazione (cioè femminista, nera e del Terzo Mondo, nonché il lavoro di altri singoli teologi. Cosa è caratteristico di e comune a queste diverse forme di riflessione teologica è il loro tentativo di riformulare da diverse prospettive critiche il significato e le affermazioni di verità delle affermazioni teologiche e cristologiche centrali della tradizione cristiana.

In senso stretto, la teologia revisionista si riferisce a uno specifico modello formale del metodo della teologia fondamentale. Il termine stesso è stato proposto per la prima volta da David Tracy in Benedetta rabbia per l’ordine e questo testo rimane la fonte primaria per l’esposizione più raffinata e dettagliata del modello. Per Tracy, una teologia cristiana fondamentale revisionista è meglio descritta come riflessione filosofica sui significati presenti nella comune esperienza umana e quelli presenti nella tradizione cristiana. Il senso ampio e stretto del termine non sono estranei. La teologia revisionista come modello formale di metodo teologico è caratterizzata da una comprensione specifica della rete di impegni che definiscono il punto di vista dell’approccio del singolo teologo alla fede cristiana. Questo impegno metodologico a livello di teologia fondamentale trova la sua incarnazione nella sfera della teologia sistematica e, in misura maggiore o minore, nei movimenti teologici sopra menzionati.

Per la teologia revisionista l’impegno primario del teologo cristiano come teologo è nei confronti della comunità dell’indagine accademica e dei suoi rispettivi canoni di indagine (cioè filosofico, storico, critico letterario, ideologico-critico, ecc.) E della moralità dell’indagine critica: una determinazione a difendere i canoni metodologici in modo pubblico, ad affermare solo ciò per cui sono forniti i warrant e una volontà di seguire le prove ovunque possano condurre nello spirito di aperta indagine. La principale lealtà del teologo alla tradizione come teologo cristiano risiede nell’impegno nell’indagine del significato presente e della difendibilità delle affermazioni di verità di quella tradizione.

Critico correttivo. Questa comprensione del compito del teologo è giustamente chiamata revisionista perché rappresenta un correttivo critico alla comprensione neo-ortodossa dominante del compito della teologia descritto da Paul Tillich attraverso il “metodo di correlazione”. Secondo Tillich, il compito del teologo è mostrare che il messaggio cristiano contiene risposte alle domande implicite nella situazione umana. Il revisionista sostiene che tale correlazione non è sufficientemente critica – anzi, è semplicemente una giustapposizione – poiché trae le domande per la teologia da una fonte (la situazione umana) e le sue risposte da un’altra (il messaggio cristiano) e non consente una correlazione e interazione delle principali domande e risposte di ogni fonte.

In questa critica la teologia revisionista riafferma l’impegno nei confronti dei valori principali, delle pretese cognitive e delle fedi esistenziali delle teologie liberali classiche. Eppure la teologia revisionista le afferma attraverso i correttivi delle teologie neo-ortodosse e radicali post-liberali. La teologia revisionista riconosce in primo luogo consapevolmente l’ingenuità e l’ottimismo della teologia liberale riguardo alla riconciliazione tra fede cristiana e cultura moderna. In secondo luogo, accetta la descrizione dell’ambiguità cognitiva, etica e sociale del mondo contemporaneo articolata sia dalla neo-ortodossia che dalle scuole di pensiero laico post-illuminista. Terzo, date le critiche al metodo di correlazione, la teologia revisionista rimane disincantata dalla difesa neo-ortodossa finale del teismo attraverso un recupero di Dio come “Tutto Altro”. Il revisionista accetta quindi le critiche – vale a dire le conclusioni – di una teologia radicale che rifiuta le difese del teismo ortodosse, liberali e neo-ortodosse come incompatibili con l’affermazione di una laicità autentica e priva di illusioni. Quarto, cerca di preservare all’interno della riflessione teologica la natura polivalente dei simboli dominanti della fede cristiana insieme a un riconoscimento delle condizioni ermeneutiche e sociali di tutta la comprensione umana. La teologia revisionista è quindi definita dal suo impegno per l’articolazione e la correlazione critica sia di una coscienza postmoderna reinterpretata che riconosce le antinomie dell’Illuminismo sia di un cristianesimo reinterpretato che riconosce la crisi della significatività della fede cristiana oggi.

Nell’esecuzione di questo compito, i teologi revisionisti hanno fatto affidamento sulle risorse del processo pensato di Whitehead e Hartshorne, teoria ermeneutica, strutturalismo decostruttivo e varie scuole di ideologia-critica nel tentativo di formulare una riconciliazione e una correzione critica sia della modernità che della la tradizione cristiana.

Vedi anche: decostruzionismo.

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[ja colombo]