“La china poblana”; b. originario del regno di Mogor in Cina, c. 1613; d. Puebla, Messico, 5 gennaio 1688. Bella e di famiglia benestante, si chiamava Mirra tra la sua stessa gente. I corsari la catturarono per venderla come schiava e la portarono in Messico intorno al 1625. A Puebla fu adottata da Don Miguel de Sosa e Doña Margarita de Chávez, una pia coppia che non aveva figli. Qui ha acquisito il nome “la china poblana”. Ha vissuto con loro, dedita ai lavori domestici, fino alla loro morte. Poi andò a casa di un degno sacerdote, Pedro Suárez. Dopo questo ha stretto uno strano matrimonio con un cinese di nome Domingo Suárez, solo per prendersi cura di lui; ha mantenuto la sua verginità. Quando rimase vedova, andò a vivere nella stanza più povera di una casa vicina; lì morì all’età di circa 75 anni. Fu sepolta nel santuario della chiesa dei Gesuiti. Grazie alla sua grande carità, semplicità e modestia, si guadagnò la reputazione di una santa. Secondo i suoi due biografi, che erano anche i suoi confessori, aveva frequenti trance e visioni in cui parlava con Dio. Il termine “china poblana”, molto appropriato per Catarina de San Juan, ha assunto con il passare del tempo un significato ben diverso: ora si riferisce al tipico, vistoso costume della compagna del cowboy messicano in uno dei i balli popolari più conosciuti, il “jarabe tapatío”.
Bibliografia: per. mazzi di fiori, Prodigi di onnipotenza e miracoli di grazia nella vita della venerabile Serva di Dio Catarina de San Juan (3 v. Puebla 1689; Città del Messico 1960, 1962). j. dal castello di Grajeda, Compendio della vita e delle virtù della venerabile Catarina de San Juan (Puebla 1692; 2d ed. Città del Messico 1946).
[per. fretta]