Conosciuti anche come i “quattro articoli” o gli “articoli gallicani”, il punto culminante del gallicanesimo dell’Antico Regime, promulgato nel marzo 1682. Le relazioni tra luigi xiv e innocenti xi si erano costantemente deteriorate a causa della vicenda del trattare, la controversia sulla nomina di una nuova badessa per il convento di Charonne, la condanna papale di un libro di Jean Gerbais precedentemente sanzionato dal clero francese e altri episodi. Così Luigi XIV convocò un’assemblea generale del clero nel giugno 1681, per ottenere una soluzione del trattare con o senza l’approvazione del Papa e di emettere una nuova dichiarazione che definisca il potere del papato negli affari ecclesiastici francesi. Che Luigi XIV abbia esercitato una notevole pressione nella selezione almeno dell’ordine inferiore dei deputati è indubitabile. La maggior parte del lavoro preparatorio era nelle mani dell’arcivescovo di Parigi, Harlay Chanvallon, una potente influenza sul re e un gallicano estremo. Nel 1680, in risposta alle minacce papali della scomunica di Luigi XIV, Harlay aveva scritto per il clero francese una dichiarazione che “nulla li avrebbe separati da lui”. Tuttavia, gli estremisti non avevano il pieno controllo dell’Assemblea, poiché Luigi XIV non voleva una rottura totale con Roma. Il vescovo moderato di Meaux, Bossuet, è stato scelto per il discorso di apertura e ha consegnato un capolavoro di conciliazione. Lodando sia i Gallicani che Roma, ha fatto appello per l’unità della Chiesa. Tutte le parti hanno applaudito, sebbene fosse evidente che l’accordo sui principi generali era molto più facile che sulle questioni difficili e immediate. Si è tentato di raggiungere un accordo sul trattare facendo una distinzione tra le insegne spirituali e temporali, ma Innocenzo XI disdegnava l’intero procedimento e rifiutava una risposta.
L’abilità dei moderati, guidati da Bossuet, ha evitato un perentorio ripudio dell’infallibilità papale. Alla fine, Bossuet fu scelto per redigere una dichiarazione della dottrina gallicana. In quattro brevi articoli, la Dichiarazione sosteneva che: (1) I re non erano soggetti ad alcun potere ecclesiastico in materia temporale; (2) le riserve del Concilio di Costanza sulla supremazia spirituale del papa ancora applicate; (3) nell’esercizio delle sue funzioni, il papa deve osservare i costumi e le regole della chiesa gallicana; (4) mentre si riconosceva che il papa aveva la “parte principale in materia di fede”, le sue decisioni non erano definitive a meno che non fossero state “confermate dal giudizio di tutta la Chiesa”.
Per quanto negativa fosse questa affermazione dal punto di vista degli ortodossi sostenitori dell’infallibilità papale, ha impedito una dichiarazione ancora più audace. C’erano nel documento molte ambiguità e coperture che ne riducevano l’efficacia. Innocenzo XI si è saggiamente astenuto da una condanna totale, temendo di fare qualsiasi cosa che potesse portare allo scisma nazionale. Si accontentò di negare l’istituto ai vescovati per tutti i partecipanti all’Assemblea, e fu soddisfatto di osservare una sorprendente opposizione alla Dichiarazione tra il clero francese, in particolare tra i docenti della Sorbona. Nel 1692 il suo successore, Innocenzo XII, ricevette dal re una comunicazione secondo cui la Dichiarazione non sarebbe stata insegnata nei seminari francesi. Poco dopo, il Papa ha ricevuto una lettera di scuse da ogni partecipante all’Assemblea. Per il resto dell’Antico Regime la Dichiarazione rimase lettera morta.
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