Lettera enciclica di leone xiii pubblicata il 15 maggio 1891; la prima delle grandi encicliche sociali. La sua comparsa segnò il conferimento di una significativa approvazione papale all’allora emergente movimento sociale cattolico. La sua formulazione dei principi sociali cattolici doveva molto al lavoro dell’Unione di Friburgo, istituita nel 1885 dal cardinale G. mermillod. Ma ci sono prove considerevoli che l’approccio di Leo è stato influenzato anche dagli atteggiamenti pratici verso i problemi del lavoro e agrari dei cardinali James Gibbons negli Stati Uniti e di Henry Edward Manning in Inghilterra e Abp. William Joseph walsh di Dublino. Redatta dapprima dal cardinale Francesco Zigliara, l’enciclica è stata rivista secondo le indicazioni del papa dai suoi segretari, ulteriormente corretta da Zigliara, ed infine dallo stesso Leone. La traduzione inglese è stata preparata da Manning e diffusa in America, Irlanda e in tutti gli altri paesi di lingua inglese. Nonostante il titolo descrittivo “Sulla condizione dei lavoratori”, Delle cose nuove è infatti una carta sociale di portata più ampia.
L’enciclica può essere suddivisa in cinque parti. Il primo è un esame della soluzione alla questione sociale avanzata dal socialismo, che attualmente stava attirando molto sostegno nella classe operaia. Rifiutandolo, Leone sviluppò una serie classica di argomenti che stabilivano il diritto naturale alla proprietà privata. Quattro in numero, derivavano a loro volta dal potere di autodirezione dell’uomo in virtù della sua intelligenza e lungimiranza, della sua indipendenza personale, della sua padronanza delle sue energie, e infine del suo diritto di fondare una famiglia e del suo dovere di prendersene cura. La seconda parte delinea il ruolo della Chiesa negli affari sociali, senza il quale, ha detto il Papa, non si potrebbe trovare alcuna soluzione pratica. È compito della Chiesa tenere sempre davanti alla mente degli uomini la verità che certe disuguaglianze sono inevitabili, che soffrire e sopportare è la sorte dell’uomo e che la fine finale dell’uomo non è qui ma nell’aldilà. La terza parte è dedicata a un’esposizione positiva dell’azione sociale della Chiesa, che si occupa non solo dell’anima dell’uomo ma indirettamente anche del corpo. La povertà non è un bene in sé e si dovrebbe fare ogni sforzo per alleviarla attraverso la pratica della carità e la promozione della giustizia. Il ruolo dello Stato in materia è delineato nella quarta parte, in cui il Papa ha respinto lascia fare. Lo Stato ha funzioni in relazione alla tutela della proprietà privata; la prevenzione degli scioperi, per quanto possibile; la regolamentazione delle condizioni di lavoro; fare in modo che i dipendenti ricevano un giusto salario; e l’incoraggiamento da parte della legge di un’ampia distribuzione di proprietà. Una parte finale ha sottolineato l’attività benefica delle organizzazioni di volontariato, come i sindacati e gli organi ecclesiali di vario genere dediti all’azione sociale.
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[j. uomo nuovo]