Tra gli impedimenti al matrimonio, il Codice di Diritto Canonico elenca quello del matrimonio precedente: “Chi è vincolato dal vincolo di un matrimonio precedente, anche se non è stato consumato, tenta invalidamente il matrimonio” (Legge c. 1085 1). Il Codice dei Canoni delle Chiese Orientali afferma anche che chi è vincolato dal vincolo di un matrimonio precedente tenta invalidamente il matrimonio (Il Codice dei Canoni dell’Ecclesiarium Orientale c. 802 §1).
Il fondamento di questo impedimento non è solo la legge della Chiesa, ma anche la legge divina. Sia per legge naturale che per legge divina positiva, il matrimonio possiede la proprietà dell’unità. Pertanto, qualsiasi matrimonio valido preclude la possibilità di contrarre un altro matrimonio da uno dei due coniugi a meno che il matrimonio precedente non sia stato sciolto. La Chiesa insegna che la stessa legge naturale vieta una tale pluralità di matrimoni, così che anche i non battezzati non possono contrarre un matrimonio valido fintanto che esiste il vincolo di un matrimonio precedente.
La base di questo impedimento è la proprietà dell’unità di cui gode il matrimonio e non la proprietà dell’indissolubilità. Il precedente matrimonio in questione può essere suscettibile di scioglimento per una causa diversa dalla morte di uno dei coniugi. Tale sarebbe il caso nell’uso del Privilegio paolino, per cui il matrimonio di due persone non battezzate viene sciolto nel momento in cui viene contratto il matrimonio che favorisce la fede. Inoltre, un matrimonio che non è stato consumato può essere sciolto dalla dispensa papale per una giusta causa (Legge c. 1142; Codice dei Canoni dell’Ecclesiarium Orientale c. 862).
Nel XII secolo ci fu una disputa tra due scuole di canonisti sul fatto che un matrimonio non consumato fosse o meno un matrimonio perfetto. Alcuni sostenevano che un secondo matrimonio perfezionato con la consumazione non sarebbe stato invalido a causa dell’esistenza del precedente matrimonio. Papa Alessandro III (12-1159) si oppose a tale teoria, anche se probabilmente riteneva questa opinione come membro della Scuola di Bologna prima della sua adesione al Papato. Con la frase “anche se non è stato consumato” il codice riafferma la corretta soluzione di questa controversia.
“Anche se il matrimonio precedente dovesse essere invalido o sciolto per qualsiasi motivo, non è consentito contrarne un altro fino a quando non sia stato legalmente stabilito che il precedente matrimonio era certamente invalido o sciolto” (Legge c. 1085 §2; Codice dei Canoni dell’Ecclesiarium Orientale c. 802 §2).
È da notare che l’assenza del coniuge per un lungo periodo non è di per sé una prova sufficiente della morte. Se la morte non può essere provata da documenti pubblici, il vescovo diocesano può rilasciare una dichiarazione di morte presunta (Legge c. 1707 §1; Codice dei Canoni dell’Ecclesiarium Orientale c. 1383 §1). Il vescovo deve avere la certezza morale della morte del coniuge per emettere la dichiarazione (Legge c. 1707 §2; Codice dei Canoni dell’Ecclesiarium Orientale c. 1383 §2). In casi incerti e complicati, il vescovo latino deve consultare la Santa Sede (Legge c. 1707 §3), mentre il Vescovo Orientale consulti il suo patriarca o la Sede Apostolica di Roma (Codice dei Canoni dell’Ecclesiarium Orientale c. 1383 §3).
Bibliografia: j. abbo e j. hannan, I sacri canoni (St. Louis 1960) 2: 1069. jp beal e jp beal et al., Nuovo commento al codice di diritto canonico (New York 2000), 1286-1288. PJ paia, ibid., 1798-1799.
[cfr. dede / eds.]