Deluil-martiny, marie of jésus, bl.

Battezzata Marie Caroline Philomène; fondatrice delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù; b. 28 maggio 1841, Marsiglia, Francia; d. 27 febbraio 1884, Convento La Servianne, Marsiglia. Educata dalle suore della Visitazione a Lione, Marie divenne un membro della Guardia d'Onore del Sacro Cuore di Gesù. Sotto la guida di Jean Colage, SJ, nel 1873 fondò in Belgio una congregazione contemplativa di donne per riparare i Sacri Cuori di Gesù e Maria e pregare per i sacerdoti. Ha preso il nome di Marie de Jésus. Le costituzioni dell'Istituto furono definitivamente approvate dalla Santa Sede nel 1902. A modello dell'istituto il fondatore scelse la Beata Vergine sotto l'aspetto di vittima e compagna di Cristo nella Passione. Ha adottato da mons. O. Van den Berghe la devozione a Maria come "vergine e sacerdote".

Nel 1916 il Sant'Uffizio pubblicò un decreto che vietava le rappresentazioni di Maria in paramenti sacerdotali; e nel 1927 proibì la diffusione di questa devozione tra i fedeli, ma permise alle figlie di praticare la devozione entro i confini della congregazione. Durante la vita del fondatore, la congregazione si diffuse in Francia e in Belgio. Da allora ha stabilito case in Austria, Italia, Svizzera e Paesi Bassi. Marie Deluil-Martiny è stata uccisa a colpi di arma da fuoco da un anarchico impiegato presso la casa madre. I suoi resti riposano nella Basilica del Sacro Cuore a Berschem (vicino ad Anversa), in Belgio. La sua causa fu introdotta nel 1921 e completata con la beatificazione da parte di Papa Giovanni Paolo II il 27 ottobre 1998.

Festa: 27 ottobre.

Bibliografia: Di Janet (1989): 1079. l. laplace, Immolazione: vita di Madre Maria di Gesù, tr. jf newcomb (New York 1926). r. garrigou – lagrange, La Vita interióre della Madre Maria di Gesù (Milano 1939). Sul culto della "Vergine e sacerdote", vedi: r. laurentin, Maria, la chiesa e il sacerdozio, 2 v. (Parigi 1952–53). un. di buon uomo, "Devozioni proibite", Dizionario di spiritualità ascetica e mistica, ed. Sig. villier et al. (Parigi 1932) 3: 786–788.

[mh quinlan]