Abrabanel, Isacco (Abravanel)

Rabbino portoghese, studioso biblico e filosofo; b. Lisbona, 1437; d. Venezia, 1508. Nato in una ricca famiglia ebrea, Isaac ben-Judah Abrabanel ricevette un'eccellente istruzione ed entrò in politica. Fu ministro delle finanze, prima del re Alfonso V del Portogallo (1438–81), e poi del re Ferdinando V di Castiglia. L'editto del 1492, che espelleva tutti gli ebrei dalla Spagna, lo spinse all'esilio. Dapprima fu accolto a Napoli, dove ricoprì un importante incarico alla corte di Ferdinando I (1458–94) e Alfonso II (1494–95), ma l'invasione francese lo costrinse a rifugiarsi in Sicilia e successivamente a Corfù. Dopo un breve soggiorno in Puglia, si stabilisce finalmente a Venezia.

Nonostante questi numerosi cambiamenti di dimora, Abrabanel scrisse molte opere tanto varie quanto originali. Con la sua mente brillante, la sua conoscenza enciclopedica e il suo cuore nobile e generoso, fu un'eccezione eccezionale alla generale decadenza che segnò la fine disastrosa dell'epoca giudeo-spagnola. Una volta disse di se stesso che era "un discendente di Iesse di Betlemme, un rampollo della casa reale di Davide"; e in effetti c'era qualcosa di principesco in lui.

I suoi numerosi scritti dimostrano che era ben versato nelle letterature cristiane e musulmane, greche ed ebraiche, un pensatore creativo, uno studioso attento ed esatto della Bibbia. Mentre era in Portogallo, ha scritto un commento dal titolo Merkebet Ha-Mishneh (Il carro del Deuteronomio); in Castiglia, ha scritto commenti su Giosuè, giudici e re. A Napoli compose un commento a Daniele e una sorta di rito sul sacrificio pasquale. A Corfù, ha scritto un'opera su Isaia; a Venezia, commenti agli altri Profeti e ai primi quattro libri del Pentateuco. Le sue dissertazioni sul Messia influenzarono i movimenti messianici tra gli ebrei del XVI e XVII secolo (vedi shabbataiÏsm).

Tra le sue opere ci sono anche il Migdol Yeshu'ot (Tower of Saving Deeds) sull'evidenza della grandezza di Dio come mostrato nei suoi interventi miracolosi, il Lahaqat Nebi'im (La Compagnia dei Profeti) e il 'Ateret Zeqenim (La corona degli antichi). In quanto filosofo, Abrabanel pose fine alla linea dei pensatori aristotelici ebrei. Conosceva e rispettava la scolastica cristiana, in particolare le opere di San Tommaso d'Aquino, il cui trattato Spiritualis ha tradotto dal latino all'ebraico.

Nella sua esegesi biblica ha seguito le orme di rashi e Kimchi, evitando un'interpretazione sia mistica che razionalistica del testo, a favore di una spiegazione naturale e semplice. Era considerato un'autorità in questioni dotte tra gli ebrei, che lo chiamavano Hakam (il Saggio) e Nasi (il principe). Le sue erudite introduzioni alle Scritture rendevano un servizio considerevole alla critica biblica anche tra gli studiosi cristiani. Richard Simon non ha esitato a scrivere enfaticamente: "Possiamo guadagnare di più da lui che da qualsiasi altro studioso rabbinico per una migliore comprensione delle Scritture ... La sua chiarezza ed eloquenza in ebraico non sono inferiori a quelle di Cicerone in latino". Eppure questo equivale ad ammettere che era più un retore che un esegeta. Inoltre, si deve ammettere che le sue idee erano spesso troppo sottili e il suo linguaggio troppo prolisso, e che si concedeva troppo a violente diatribe contro il cristianesimo.

Vedi anche: filosofia ebraica.

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[un. brunot]