Le discussioni contemporanee sulla teoria del valore pongono grande enfasi sul giudizio di valore. Le domande che queste discussioni sollevano possono fondamentalmente essere ridotte a due: (1) I valori esistono in qualche modo al di fuori della persona che esprime il giudizio? (2) Se i valori esistono nella cosa stessa o nella situazione, quale facoltà viene utilizzata per formulare giudizi di valore e come funziona?
I filosofi scolastici e realisti, assumendo la posizione che il bene, i valori, gli ideali e le norme risiedono negli oggetti, ritengono che i giudizi di valore, buono, ecc., Siano basati su dati oggettivi. Il giudizio “la carità vale” esprime un aspetto della realtà extramentale; il valore della carità deve essere conosciuto. Tali giudizi di valore sono veri o falsi, completi o incompleti, nella misura in cui corrispondono al modo in cui le cose sono o dovrebbero essere. Un tale approccio al giudizio di valore si basa sulla convinzione metafisica che un ordine oggettivo di valori esista indipendentemente dalla mente.
Alcuni realisti, come Max Scheler e WM Urban, pensano che l’ordine oggettivo dei valori sia colto dall’intuizione. Altri affermano che i giudizi di valore vengono emessi dopo un’indagine e un’indagine simili a quelle precedenti giudizi di altro tipo. Gli scolastici vedono il potere cogitativo come la facoltà interna che apprende i valori fondamentali di utilità, convenienza o pericolo e fornisce il substrato della conoscenza da cui i valori più elevati, sia morali che estetici, possono essere disimpegnati. Una funzione importante di questo senso interno è rendere l’uomo consapevole dei valori come realizzati effettivamente o potenzialmente in situazioni individuali. I valori così appresi di solito suscitano desiderio, interesse o reazione emotiva da parte del soggetto; va notato, tuttavia, che il giudizio di valore può essere espresso indipendentemente da qualsiasi sentimento soggettivo.
Il giudizio di valore è concepito in modo molto diverso da coloro che negano qualsiasi status oggettivo ai valori stessi. Punti di vista divergenti si trovano tra questi soggettivisti. Molto spesso vedono i giudizi di valore come espressioni dell’atteggiamento mentale che una persona assume nei confronti di un oggetto o di una situazione, come espressioni di interesse (RB Perry), preferenza (D.hume), desiderio (D.Parker) o piacevolezza (G. santayana).
Una posizione estrema nei confronti dei giudizi di valore è quella assunta dai positivisti logici, di cui M. Schlick e AJ Ayer sono rappresentativi. Ritengono che questi siano privi di significato poiché non possono essere verificati o giustificati dalle scienze empiriche. Nella migliore delle ipotesi tali giudizi sono espressioni di emozione o tentativi di persuasione; sono fondamentalmente irrazionali. Una posizione del genere rende impossibile qualsiasi teoria dei valori reale.
Vedi anche: assiologia.
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