Cristiani in possesso di Adesivi o certificati attestanti che, in particolare durante la persecuzione deciana (251–253), avevano offerto o erano disposti a offrire sacrifici nel modo prescritto. In Egitto sono state scoperte copie dei certificati ufficiali firmati da un commissario imperiale, anche se potrebbero essere appartenuti a pagani per i quali non ponevano problemi morali. Il termine è stato applicato anche in precedenza alle richieste di grazia (Adesivi pace ) dato a bambino o cristiani caduti da confessori della fede incarcerati che chiedono che il vescovo li ammetta alla riconciliazione. Tertulliano menziona la pratica della concessione dei martiri Adesivi pace chiedendo perdono per i peccatori (Ad mart. 1.6); ma in seguito ha condannato il loro uso improprio (Di budino. 22.1–2). La richiesta era basata sulla nozione che le sofferenze dei martiri in se stesse gli davano il potere di perdonare i peccati, e che il vescovo doveva semplicemente prendere atto di questo fatto (cipriano, Ep. 21.3). Cipriano di Cartagine si oppose fermamente a questo movimento (Ep. 27.1-2) pur ammettendo il valore delle preghiere e delle sofferenze di intercessione dei martiri per abbreviare il tempo della penitenza per il bambino, in particolare per coloro che cercano la riconciliazione prima della morte. La pratica sembra essere stata conosciuta ma presto ripudiata a Roma; a quanto pare si è diffuso dalla Chiesa in Nord Africa all’Egitto e all’Asia Minore.
Bibliografia: h. leclercq, Dizionario di archeologia e liturgia cristiana (Parigi 1907–53) 9.1: 78–79. a. da alès, Callist’s Edict (Paris 1914). b. poschmann, secondo pentimento (Bonn 1940). l. pigro, Giornale di teologia cattolica 43 (Vienna 1919) 439–466, 617–657. e. bourque, Storia della penitenza-sacramento (Quebec 1947) 88–92, 98–104. jr knipfing, “Libelli of the Decian Persecution”, Harvard Theological Review 16 (1923) 345-390.
[f. Case]