Breuer, isacco (1883–1946), teorico e leader dell’ortodossia tedesca; figlio di Solomon Breuer e nipote di Samson Raphael * Hirsch. Nato a Papa, in Ungheria, Breuer è stato portato da bambino a Francoforte, dove ha studiato alla yeshiva di suo padre ed è diventato una figura di spicco nella comunità ortodossa separatista locale (Austrittsgemeinde). Successivamente ha studiato legge, filosofia e storia in varie università e ha esercitato la professione di avvocato a Francoforte. Presto prese parte a diverse organizzazioni comunali. Nel suo ha difeso la secessione degli ortodossi dalla comunità ebraica Legge prussiana sul ritiro e giudaismo (1913). Quando * Agudat Israel fu fondato nel 1912, Breuer divenne uno dei suoi ideologi e portavoce più importanti, sebbene sviluppò una direzione unica e non convenzionale all’interno del pensiero ultraortodosso. Si stabilì a Gerusalemme (1936), esercitando la professione di avvocato, e dedicandosi all’organizzazione di Po’alei Agudat Israel, di cui divenne presidente. Il suo è apparso per conto dell’Agudah davanti alla Commissione Peel (1937) e alla Commissione anglo-americana (marzo 1946). Baruch * Kurzweil, il suo intimo studente ed erede spirituale, lo descrive come un insegnante carismatico e una personalità artistica bohémien.
Breuer, erede dell’opera della dottrina di SR Hirsch Torah im derekh ereẓ, reindirizzato con un focus nazionale. Nelle sue prime opere – Messiasspuren (1918) Judenproblem (19224; anche in un’edizione inglese condensata, 1947), Segnavia (una raccolta di articoli, 1923; in forma espansa in ebraico, Ziyyunei Derekh, 1955) – sviluppò una nozione dell’Essere metastorico nazionale del popolo ebraico basata sull’atto giuridico dell’alleanza e sul dovere comune di adempiere la legge divina. Il rapporto di Breuer con il sionismo era ambivalente e dialettico. Da un lato, considerava il movimento come rimuovere il popolo ebraico dalla Torah secolarizzandolo e collocandolo all’interno della temporalità storica. A tale riguardo, credeva che il sionismo fosse il peggior nemico del giudaismo. Mentre il giudaismo riformato attaccava esplicitamente la Torah, il sionismo pretendeva falsamente di assicurare l’esistenza del popolo ebraico, distaccandolo dalla sua natura essenziale. D’altra parte, Breuer condivideva la nozione sionista della centralità di Ereẓ Israel e dell’ideale di stabilirvi una casa nazionale ebraica, uno stato che dovrebbe essere uno “stato della Torah”. In una serie di opere (La casa nazionale ebraica (1925; traduzione inglese, 1926); Eliseo (1928) Il nuovo Kusari (1934), ecc.) Ha sviluppato questa nozione, vedendo il mandato britannico su Ereẓ Israel e la dichiarazione Balfour come la mano della divina provvidenza, e ha chiesto un aggiustamento dell’Hirschian “Torah im derekh ereẓ“dottrina come”Torah im derekh Ereẓ Israel.”
Dopo essersi stabilito a Ereẓ Isrel, Breuer iniziò a scrivere in ebraico (Moriyyah, 1944; Nahali’el, 1951), mentre articoli selezionati apparivano postumi in inglese (Persone della Torah, 1956). Nel periodo precedente aveva scritto alcuni romanzi – di scarso successo – (Una lotta per Dio, 1920; Il ritorno a casa di Falk Nefi, 1923), anche come veicoli per i suoi concetti religiosi. Ha difeso la sua concezione, nei termini filosofici del diciannovesimo secolo, che le verità eterne di Dio fossero rivelate nel e al Suo “popolo della Torah”. Quando la realtà storica si impose al suo pensiero, accolse la sua richiesta con lotta e riluttanza.
Breuer era anche un erede di Hirsch nella sua dottrina filosofico-religiosa, combinando un forte attaccamento a Kant con la libertà di andare oltre la sfera ontologica ed epistemologica della “cosa-in-sé” di Kant (Cosa di te stesso) come oggetto di fede e rivelazione. In linea con Kant ha definito la conoscenza scientifica razionale come limitata e vincolata alle sue strutture interne, che la rivelazione supera e supera. Quindi i miracoli non possono essere percepiti da una percezione razionale regolare, legata alle leggi della causalità; solo la fede, percependo il mondo come la libera creazione di Dio, può trascendere questi confini e accettare l’idea del miracolo.
bibliografia:
I Grunfeld, Tre generazioni (1958), indice; S. Ehrmann, in: L. Jung (ed.), Guardiani del nostro patrimonio (1958): 617-46; M. Morgenstern, Da Francoforte a Gerusalemme: Isaac Breuer e la storia della secessione nell’ortodossia ebraica moderna (2002); R. Horwitz (a cura di), Yiẓḥak Breuer – Iyyunim be-Mishnato (1988); A. Biemann, “Isaac Breuer – Sionist against His will?”, In: Ebraismo moderno, 2: 2 (2000), 129–46; DH Ellenson, “German Jewish Orthodoxy – Tradition in the Context of Culture”, in: J. Wertheimer, Gli usi della tradizione (1993), 5-22; R. Horwitz, “Exile and Redemption in the Thought of Isaac Breuer”, in: Tradizione, 26: 2, 1992-77 (98); WS Wurzburger, “Breuer e Kant”, in: Tradizione 26: 2, 1992-71 (76); E. Schweid, Filosofia di Toledo ha-Dat ha-Yehudit ba-Zeman he-Ḥadash, iii, 2 (2005), 146–71; B. Kurzweil, Le-Nokhaḥ ha-Mevukhah ha-Ruḥanit shel Dorenu (1976), 117-30.
[Yehoyada Amir (2a ed.)]