O un nuovo matrimonio, è lo stato di essere sposati dopo lo scioglimento di un precedente matrimonio per morte. Si differenzia quindi dalla bigamia, la condizione di una persona che ha contratto un secondo matrimonio mentre ha ancora un matrimonio esistente. L’accettabilità della digamia dipende da considerazioni sociali, religiose ed etiche legate agli atteggiamenti verso la natura del matrimonio stesso. In una società che considera il matrimonio esclusivamente come il metodo di propagazione dell’umanità, la digamia è consentita senza squalifica e può anche essere obbligatoria, ad esempio la legge di Levirato (Dt 25.5-10; Mt 22.25-27), osservata non solo da gli ebrei ma anche gli arabi, i persiani, i mongoli, ecc. Nella prima dispensa cristiana la digamia non era esclusa né per l’uomo (1 Cor 7.27) né per la donna (Rom 7.2; 1 Cor 7.8, 39), ma perché il matrimonio poteva essere considerato come un certo handicap per un amore totale di Dio (1 Cor 7.32-34) la digamia non era incoraggiata (1 Cor 7.8, 40) se non come rimedio per l’incontinenza (1 Cor 7.9; 1 Tim 5.14). Vescovi, diaconi e membri della vedovanza ufficiale non potevano essere digamisti (Tit 1.6; 1 Tim 3.2, 12; 4.9) e questa prescrizione è stata inserita nel presente Codice di Diritto Canonico (c.984.4). Molti Padri della Chiesa, basando il loro atteggiamento sulla dottrina del matrimonio di San Paolo come simbolo dell’unione tra Cristo e la Chiesa, hanno scontato la digamia, ma la Chiesa ha seguito la moderazione biblica e ha resistito agli errori dei montanisti, e in particolare di tertulliano , legittimando digamy.
Bibliografia: l. godefroy, Dictionnaire de théologie catholique, ed. a. vacante, 15 v. (Parigi 1903–50; Tables générale 1951–) 9.2: 2063–64, 2077–2101. b. kÖtting, Vero lessico per l’antichità e il cristianesimo, ed. t. klauser [Stuttgart 1941 (1950) -] 3: 1016–24. un. oepke, ibid. 4: 655–661. ad es. pappagallo, La Bibbia e la poligamia (Londra 1958). tertulliano, Trattati sul matrimonio e il nuovo matrimonio, tr. wp il santo (Antichi scrittori cristiani 13; 1951).
[j. di Pasqua]