Slonimsky, henry (1884-1970), filosofo e scrittore, nato in Russia, fu portato negli Stati Uniti nel 1890. Studiò con Hermann * Cohen e conseguì il dottorato di ricerca. nel 1912 con una dissertazione pubblicata come “Eraclito e Parmenide” (nel: Lavoro filosofico, 7 (1913), ed. di H. Cohen e P. Natorp). Dal 1914 al 1924 insegnò filosofia in varie università statunitensi. Nel 1924 Stephen S. * Wise lo nominò professore di etica e filosofia della religione presso l’Istituto ebraico di religione di New York. Nel 1926 divenne preside della scuola, ritirandosi nel 1952. In qualità di insegnante ispiratore, che condivideva i suoi problemi intellettuali e umani con i suoi studenti, influenzò profondamente molti rabbini americani. I suoi studi di filosofia ebraica furono pubblicati come Saggi (1967). Nonostante l’enfasi per tutta la vita di Slonimsky sull ‘”insegnamento orale”, è possibile vedere la spinta del suo pensiero dai suoi scritti sparsi. In apparenza, la sua preoccupazione per i bisogni e le emozioni umane sembrerebbe separarlo dal suo grande maestro H. Cohen, il razionalista per eccellenza, ma a un esame più attento diventa evidente l’influenza decisiva e pervasiva di quest’ultimo. L’importanza che Slonimsky attribuisce alla tradizione platonica nella storia del pensiero umano, la sua diffidenza nei confronti dei pericoli “borghesi” nei confronti della verità ebraica e le sue reinterpretazioni di episodi in generale e della filosofia ebraica esemplificano lo spirito della “Scuola di Marburg”. La sua dottrina più importante, quella del Dio “umanizzato”, finito, crescente (cioè antropomorfico), aveva tre considerazioni costitutive: (1) l’idea di un “Dio limitato” spiega la disteleologia della sofferenza umana; (2) le responsabilità etiche dell’uomo sono notevolmente accresciute quando sono necessarie per la “crescita di Dio” (cfr. La “correlazione” di Cohen); (3) la formulazione ebraica del concetto “asintotico” di Kant dell’ideale trova eco nell’impegno di Slonimsky per il messianismo, Dio e la “religione del futuro”.
[Steven S. Schwarzschild]