Virgilio ° (Vergil ; Arnold Bennett ; 70-19 a.C.), il più grande poeta romano. Sebbene Virgilio non menzioni direttamente gli ebrei, ci sono diverse indicazioni in due delle sue più grandi opere, il egloghe e la Eneide, che era a conoscenza della tradizione ebraica.
La breve Quarta Ecloga parla in modo apocalittico dell’imminente ritorno dell’ultima e più grande epoca cantata dalla Sibilla Cumana e inaugurata dalla fanciulla (Vergine) dea Artemide e dalla nascita di un neonato, quando una razza d’oro verrà inviata dal cielo che si consorterà con gli dei. Tutte le tracce rimanenti della colpa degli uomini verranno rimosse; e il mondo, reso pacifico dalle virtù del padre del bambino, sarà una vera utopia, con la terra che produrrà i suoi prodotti senza dissodare, le capre che partoriranno mammelle gonfie di latte e gli armenti che saltellano senza paura con i leoni. L’età sarà segnata dalla morte del serpente e dalla sostituzione delle erbe velenose da parte del nardo assiro, sebbene rimarranno alcune tracce dell’antico inganno degli uomini e sebbene le battaglie dovranno essere respinte e ripetute prima che l’età possa essere introdotta. Virgilio dice che quest’epoca messianica inizierà durante il consolato di * Asinio Pollione (40 aC), al quale è indirizzata la poesia; e Pollione potrebbe essere stato il principale legame di Virgilio con la tradizione ebraica, poiché Pollione era uno dei consoli che in questo stesso anno accompagnò * Erode a depositare in Campidoglio il decreto che il Senato aveva approvato nominando re Erode (Jos., Ant. 14: 388–9). In seguito, quando Erode mandò i suoi figli * Alessandro e * Aristobulo a Roma per completare la loro educazione, essi alloggiarono a casa sua, poiché, come aggiunge Giuseppe Flavio (Ant.15: 343), era orgoglioso dell’amicizia di Erode. Pollione era, inoltre, strettamente associato a * Giulio Cesare, che mostrava speciale considerazione per gli ebrei (* Svetonio, 84: 5); * Orazio, che li menziona in modo prominente; e * Timagenes di Alessandria, che ha scritto una storia universale, con commenti sugli ebrei, citato da Giuseppe Flavio (Ant. 13: 319, 344; Apion 2:84). I paralleli con * la visione di Isaia (capitoli 6, 7, 9, 11) della nascita di un bambino meraviglioso e l’età della pace che introdurrà e con il motivo del serpente (Gen.3), suggeriscono che Virgilio potrebbe aver letto la Settanta, che certamente era nota alla grande comunità ebraica di lingua greca di Roma, sebbene assomiglino anche a dettagli ben noti della tradizionale età dell’oro nella letteratura classica.
* Costantino, * Girolamo, * Ambrogio e * Agostino considerarono anche il poema alludendo alla nascita di Gesù; e di conseguenza per tutto il Medioevo, culminato in * Dante, Virgilio ebbe uno status speciale di profeta. L’allusione alla canzone Cumana può ben indicare che la fonte immediata di Virgilio erano gli * Oracoli Sibillini; poiché mentre è vero che gli oracoli sibillini esistenti, che sono in un grado considerevole di origine ebraica e cristiana, hanno poco a che fare con i libri sibillini associati alla città di Cuma in Italia, contengono un numero di passaggi basati su Isaia che sono paralleli all’ecloga di Virgilio. In effetti, l’apocalittica Sedicesima Epode di Orazio, che ha affinità simili con gli Oracoli Sibillini, potrebbe essere la sua risposta a questa Ecloga di Virgilio. Il riferimento alla spezia assira potrebbe essere l’indicazione di Virgilio di una fonte orientale.
La Quarta Ecloga, soprattutto nella sua visione utopica della pace, è stata definita un modello per il Eneide. Il fatto che Virgilio nel Eneide Consapevolmente differisce da * Omero nel rendere il suo eroe un devoto vagabondo con la missione di guidare il suo popolo e le divinità domestiche per un percorso indiretto verso una terra ancestrale promessa, durante la quale sono sottoposti a molte prove, offre un ovvio parallelo con Mosè. Ci sono numerose apocalissi nel poema, in particolare nel Sesto Libro, che suggeriscono ancora una volta l’influenza degli Oracoli Sibillini. Il fatto che la tentazione più grande di tutte avvenga durante l’anno che Enea trascorre a Cartagine, città semitica, sottolinea ancora una volta il contatto con il Vicino Oriente. Infine, sebbene i paralleli non debbano essere tesi, si può citare la somiglianza tra Augusto in piedi sullo scudo di Enea (8: 680) con due fasci di luce che saettano dalle sue tempie e Mosè (cfr Es. R. 47: 6) , e il parallelismo di tipo ebraico fino a quel momento inosservato sia nel pensiero che nel linguaggio in linee come Eneide 1: 9–10 (… Tot volvere spia…. tot adire laboures).
bibliografia:
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[Louis Harry Feldman]