Lo scisma acaciano (484-519) fu causato da un cambio di politica da parte del patriarca di Costantinopoli, Acacio (472-489), che nonostante la sua intimità con i monofisiti si era opposto all’enciclica anti-calcedoniana dell’imperatore basilisco in 475. Alla restaurazione dell’imperatore Zenone (agosto 476), collaborò alla deposizione dei vescovi monofisiti, tra cui Pietro il Fuller di Antiochia e Giovanni Codonato di Apamea. Nel 479 consacrò il Calandione Calcedonia come vescovo di Antiochia per volere dell’imperatore e attirò una protesta da Papa Simplicio (468-483) per aver interferito in un’altra giurisdizione patriarcale (Ep. 22 giugno 479).
Nel 482, di concerto con Peter Mongus, compose una dichiarazione dottrinale chiamata henoticon, o decreto di unione, che Zenone promulgò per la provincia d’Egitto. Si intendeva concludere le controversie cristologiche citando l’autorità dei primi tre concili ecumenici, condannando Nestorio e Eutiche, ma non menzionò le nature in Cristo. L’insegnamento contrario, “sia del concilio di Calcedonia o di qualsiasi altro consiglio”, fu condannato. Sebbene il simbolo di Calcedonia e Leone Tomo non furono respinti, gli anti-calcedoniani furono ammessi alla comunione e Pietro Mongus fu reintegrato come patriarca ad Alessandria.
Papa Felice III scrisse una lettera di protesta ad Acacio, poi lo scomunicò in un sinodo romano (28 luglio 484) quando Acacio riconobbe Pietro Mongo ad Alessandria. Quando la scomunica fu reiterata nel 485, Acacio cancellò il nome di Felice dai dittici. I due successori di Acacio, Fravita (490) ed Eufemio (490–495), non erano ostili ai decreti di Calcedonia. Hanno annunciato la loro elezione al papa per il riconoscimento; ma Felice chiese che il nome di Acacio fosse cancellato dai dittici, e le relazioni furono nuovamente sospese tra Roma e Costantinopoli. Il patriarca Eufemio, avendo costretto il nuovo imperatore anastasio i (491-518) ad accettare le decisioni di Calcedonia prima della sua ascesa al trono, tentò di sanare la rottura con papa gelasio (492-496), ma senza successo dal nuovo papa ha rinnovato la richiesta fatta da Felix. Nel frattempo l’accettazione del Henoticon, sebbene non universale tra i monofisiti, era considerato un gesto anti-calcedoniano. Gelasio, invece, entrò in rapporti con Costantinopoli tramite un’ambasciata inviata dal senato romano (492 e 494); ma il suo successore, Anastasio II (496–498), si dimostrò irremovibile nella richiesta per la rimozione del nome di Acacio dai dittici.
L’imperatore Anastasio fu incoraggiato nella sua politica anti-calcedoniana durante il soggiorno di tre anni a Costantinopoli (508-511) del propagandista monofisita Severo, futuro patriarca di Antiochia (512-518) e fervente sostenitore del Henoticon. L’imperatore ha pubblicato il suo Tipo, o formula per l’unione, che tentò di imporre al patriarca calcedoniano Flavio di Antiochia (510). Nel 512 papa Simmaco rispose a una lettera imperiale che tentava, tra le altre accuse, di accusarlo di favorire il manicheismo.
Quando il generale ribelle Vitalian costrinse l’imperatore ad accettare di convocare un concilio ad Eraclea con il papa che presiedeva, Anastasio fu costretto a entrare in rapporti con Roma. Ma dopo la sconfitta di Vitalian, le legazioni inviate a Costantinopoli nel 515 e 517 da papa Hormisda non ebbero successo. Tuttavia l’avvento di Giustino i diede luogo a negoziati immediati tra Ormisda e l’imperatore filo-calcedoniano. Lo scisma si concluse il 28 marzo 519, quando il patriarca Giovanni in una lettera al papa indicò la sua accettazione della formula di Ormisda e la rimozione dei nomi di Zenone e Acacio nonché dei cinque successori di quest’ultimo dai dittici . L’opposizione in tutto l’Oriente resistette solo per breve tempo.
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[h. chirato]