Il rispetto umano è un rispetto eccessivo per le opinioni o la stima di altri uomini. L’espressione non è usata dai teologi classici, ma significa una potente influenza negli affari umani e una di cui i moralisti cristiani non sono stati all’oscuro. Perché l’onore o il riconoscimento del valore di una persona è un bene umano così grande, il più grande dei beni esterni dell’uomo (San Tommaso d’Aquino, Summa Theologica, 2a2ae, 129.1): gli uomini lottano naturalmente per ottenerla. I teologi notano la speciale virtù della magnanimità o grandezza d’animo che modera le proprie opere degne d’onore. Il rispetto umano, quindi, non va confuso con la magnanimità o con la reticenza che impedisce di divulgare avventatamente i propri segreti interiori o difetti nascosti che rovinerebbero la sua reputazione. Poiché il rispetto umano è una sorta di paura del giudizio altrui, chi agisce per questo motivo manca di coraggio o fortezza, ma come vizio il rispetto umano sembra più direttamente opposto alla magnanimità perché cerca l’onore piuttosto che le opere degne di onore.
La preoccupazione per l’opinione degli altri può portare ad agire contro i principi morali e quindi a fare il male per ottenere la stima degli altri. Questo ovviamente è moralmente sbagliato, poiché implica un’inversione dei valori morali, un preferire la stima umana al bene virtuoso. Se la questione è seria, il peccato può essere grave.
Ma la comune tendenza umana a preoccuparsi dell’opinione favorevole degli altri può essere sfruttata meglio. Se ci si prende cura di associarsi a coloro che tengono in onore la virtù, il desiderio di approvazione degli altri può incoraggiare a vivere rettamente. Questa sembra essere una questione importante soprattutto per gli adolescenti, che sono particolarmente preoccupati per l’approvazione degli altri, poiché stanno solo prendendo coscienza della loro individualità e sono alla ricerca di valore e significato nella loro vita.
Se un atto moralmente buono è motivato puramente, o almeno principalmente, dal rispetto umano, non rientra nell’ordine del merito. Un simile atto, compiuto non per la sua intrinseca bontà o per obbedienza alla legge divina, non viene compiuto, nemmeno virtualmente, per amore di Dio. Tuttavia, tali atti possono avere una certa utilità nella misura in cui sono almeno un adempimento esterno della legge morale e possono portare alla formazione di buone abitudini.
Bibliografia: c. accidenti, in f. roberti et al., Dizionario di teologia morale, ed. p. palazzini et al. da 2d Ital. ed. (Westminster, Md. 1962) 1310-11. n. jung, Dizionario di teologia cattolica, ed. a. vacante et al., 15 v. (Parigi 1903–50; Tables générale 1951–) 13.2: 2461–66.
[j. Hennessey]