Nestorio

Patriarca di Costantinopoli ed eresiarca; b. Germanicia nella Siria Eufratesina, dopo il 381 d.C. d. Libia, dopo il 451. Di paternità persiana, Nestorio studiò ad Antiochia ed entrò nel monastero di Euprepios, dove fu ordinato sacerdote. Penetrò profondamente nella teologia antiochena, anche se è dubbio che divenne un discepolo di teodoro di mopsuestia. Oratore, fu scelto da Teodosio II per succedere a Sisinnio come vescovo di Costantinopoli e fu consacrato il 10 aprile 428. Zelante oppositore dell’arianesimo e del pelagianesimo, corrispondeva con papa celestino i sul pelagianesimo di giuliano di eclanum, allora residente a Costantinopoli .

Nestorio ha inaugurato una vasta disputa teologica predicando contro il titolo theotokos, o Madre di Dio, dato alla Vergine Maria, sostenendo che dovrebbe essere chiamata piuttosto la Madre di Cristo. La sua dottrina fu contestata da Eusebio di Dorile, ancora un laico, che affisse una contestatio, o confutazione, sulle porte di Hagia Sophia a Costantinopoli, accusando Nestorio degli errori di Paolo di Samosata. Nestorio scrisse a Papa Celestino per spiegare il suo insegnamento sul Christotokos, ed Eusebio inviò al papa copie dei sermoni del vescovo. Nel frattempo Cirillo d’Alessandria, turbato dall’agitazione da parte dei monaci egiziani, inviava due lettere a Nestorio avvertendolo delle implicazioni eretiche nel chiamare Maria solo Madre di Cristo e non Madre di Dio. Cirillo alla fine inviò un dossier dell’argomento a Celestino, che in un sinodo romano (agosto 430) convocò Nestorio a ritrattare entro dieci giorni e accusò Cirillo di eseguire questa sentenza. Dopo un sinodo ad Alessandria in cui l’insegnamento di Nestorio è stato condannato (novembre 430), Cirillo ha scritto una terza lettera a Nestorio a cui ha aggiunto 12 anatemi (articoli ) chiedendo l’acquiescenza e la firma di Nestorio. Nestorio a sua volta accusò Cirillo di apollinarismo e invitò l’imperatore Teodosio II a convocare un consiglio per risolvere la questione. Il Concilio di Efeso si riunì nel giugno 431, ma Nestorio rifiutò di comparire davanti ad esso quando Cirillo, incaricato da Papa Celestino di agire come suo legato, assunse la presidenza. In una sessione del 22 giugno 431, Nestorio fu condannato come eretico e, nonostante le accuse di irregolarità nei procedimenti conciliari, Teodosio depose Nestorio e lo relegò in un monastero dal quale, su insistenza di Giovanni d’Antiochia, fu mandato in esilio a Petra in Arabia (436) e infine alla Grande Oasi in Libia, dove morì.

Nel 435 Teodosio ordinò che gli scritti di Nestorio fossero bruciati; quindi sono stati conservati solo frammenti dei suoi sermoni, lettere e trattati. Sono stati modificati da F. loofs nel 1905. His Bazar di Heraclides, scoperto nel 1895 in una traduzione siriana, è una difesa autobiografica del suo insegnamento in cui afferma che la sua dottrina era identica a quella di Papa Leone I e Flaviano di Costantinopoli. La sua forma letteraria attesta l’eloquenza di Nestorio, e la sua richiesta di carità e perdono hanno causato una rivalutazione della sua colpa come eretico, sebbene la dottrina nota come nestorianesimo abbia avuto origine dalla sua predicazione. Un frammento di una precedente difesa, nota come Tragedia di Nestorio, scritto probabilmente tra il 431 e il 435, è stato conservato in greco, latino e siriaco, e un certo numero delle sue lettere e sermoni sono stati pubblicati nella letteratura relativa al Concilio di Efeso.

Bibliografia: nestorius, Nestoriana: frammenti, tr. e ed. f. loofs et al. (Halle 1905). É. amann, Dizionario di teologia cattolica, ed. a. vacante et al., 15 v. (Parigi 1903–50; Tables Général 1951–) 11.1: 76–157. io. apiario, La vera enciclopedia di Pauly dell’antichità classica, ed. g. wissowa et al. 17.1: 126-137. j. quasten, Patrologia, 3 v. (Westminster, Md. 1950–) 3: 514-519. Giornale dei concili ecumenici (Berlino 1914–) 1.1.1–6. jf bethune-baker, Nestorio e il suo insegnamento (Cambridge, Eng. 1908). venditori di camper, Due antiche cristologie (Londra 1940). p. galtier, “Nestorio frainteso, tradotto male”, Gregorianum 34 (1953). 427–433.

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