Ismā’īlīs, noto anche come Ismā’īliyya, è una setta islamica, composta da molte sottosezioni e comunemente identificata con l’Islam sciita. Ismā’īl, il figlio di Ja’far al-Ṣādiq, il sesto imĀm sciita, morì prima di suo padre intorno al 762. Alla morte di quest’ultimo un gruppo di sciiti rifiutò la fedeltà a suo figlio Mūsā e scelse invece Ismā ‘ il figlio di īl Muhammad come imām. Dopo la morte di Muhammad, un’ulteriore scissione divise gli Ismā’īlī. Alcuni accettavano la convinzione che questo Muhammad fosse stato l’ultimo imām che sarebbe tornato sulla terra alla fine del mondo; questo gruppo divenne noto come “Seveners” (sab’iyya, cioè, quelli che accettano solo sette imam, in una successiva distinzione al “Twelver” o ithnā ‘ashariyya, cioè, quei musulmani sciiti la cui linea di imam terminava con la dodicesima in successione da Ali a Musa). Fu questo gruppo a fondare l’Impero Qarmatico d’Arabia verso la fine del IX secolo. I Sevener Qarmatians sono scomparsi dopo circa due secoli. L’altro gruppo, che divenne noto come Fatimidi (dopo Fāṭimah, figlia di Maḥammad e moglie di Ali), scelse un figlio di Muhammad ibn Ismā’īl come imām e accettò l’immato dei suoi successori. I gruppi di entrambi questi gruppi, i Qarmati e i Fatimidi, erano anche chiamati Ba andiniti e Ta’limiti.
Il movimento Fatimid Ismā’īli ottenne un considerevole seguito in tutto il mondo islamico e orga-Muh nizzò se stesso secondo una disciplina segreta. Dal 902 al 904 si tentò senza successo di conquistare la Siria. L’imām ‘Ubaydullāh (noto come al-mahdĪ) è fuggito in Nord Africa per condurre una campagna molto più gratificante. Nel giro di 70 anni i Fatimidi governarono, dalla neonata capitale del Cairo, un impero che comprendeva la maggior parte dell’Africa musulmana e della Palestina. Il corpo della popolazione non fu convertito all’ismailismo, tuttavia, e le rivalità all’interno del gruppo dirigente portarono a scismi e alla graduale diminuzione del potere fatimide. Il primo scisma importante fu quello degli Ḥākimiyyah o drusi, che adoravano il califfo al-Ḥākim († 1021), responsabile della distruzione del Santo Sepolcro.
Da allora in poi gli Ismā’īlī rimasero divisi tra i cosiddetti rami Musta’li e Nizari. I Musta’lis furono a lungo concentrati nello Yemen, ma godettero di tali successi missionari in India che il loro quartier generale fu trasferito lì nel XVII secolo. Lì si suddivisero in Da’ūdis e Sulaymānis, quest’ultimo un partito yemenita. I nizĀrĪ, che hanno avuto una storia più illustre, in seguito si divisero in due sottosezioni, i Qāsim-shahi, che sopravvivono in gran numero sotto la guida dell’Aga Khan, e i Muhammad-shahi, che si estinsero quasi nel XVII secolo. La maggior parte dei Muhammad-shahi, per lo più siriani, si unirono successivamente ai Qāsim-shahi. L’ismailismo di Nizari ha prosperato soprattutto in Persia, India e (a causa delle migrazioni dall’India) nell’Africa orientale. I missionari persiani avevano già aperto centri in India nel XIV secolo. Hanno presentato una dottrina ismailita, venata di sufismo, che si è mostrata disposta ad assorbire elementi indù. La vitalità dei Khoja Ismā’īlī in India è un risultato degno di nota di quell’iniziativa.
È estremamente difficile formare un quadro completo e coerente della dottrina ismailita. Per il primo periodo della storia ismailita le fonti di informazione sulla dottrina sono poche; per i periodi successivi sono ambigui e polemici. L’ismailismo sembra aver sempre insistito sulla trasmissione di una conoscenza esoterica centrata principalmente ma non esclusivamente su un significato nascosto o “interiore” (arabo batin ) del Corano. La guida degli imam, nonostante tutta la divergenza di opinioni sulla loro identità, era considerata essenziale poiché, anche nelle sue manifestazioni meno estreme, l’ismailismo generalmente accordava loro una riverenza semidivina. Gli imām erano infatti all’apice di una gerarchia di “emanazioni” di Dio, la teoria strutturale per la quale, è ampiamente supposto, derivasse principalmente dalle opere neoplatoniche. Gli Ismaili Epistole (a cura di K. Al-Zirikili, Cairo 1928) del Ikhwān al-Ṣafā (Brethren of Purity) dimostrano quanto grande fosse il debito dell’ismailismo nei confronti del neoplatonismo e rimangono una delle principali fonti di conoscenza moderna della dottrina ismailita.
Bibliografia: sm di poppa, Studi sul primo isma’ilismo (Leida 1983). a. meherally, Capire l’Ismailismo: una Tariqah unica dell’Islam (Burnaby, BC, Canada 1988). f. daftary, Gli Isma’ilis: la loro storia e dottrine (Cambridge, Ing. 1990). f. daftary, Storia e pensiero ismailiti medievali (Cambridge, Ing. 1996). f. daftary, Una breve storia degli ismailiti: tradizioni di una comunità musulmana (Edimburgo 1998).
[j. kritzeck / eds.]