Il mistico e martire Husayn ibn Mansur al-Hallaj nacque nell’858 a Bayda, in Persia. Un iraniano arabizzato il cui nonno era uno zorastriano, il padre di al-Hallaj, un cardatore di lana di cotone (hallaj) per mestiere, convertiti all’Islam. La famiglia era emigrata attraverso centri tessili in Iran, stabilendosi a Wasit, in Iraq, sunnita (Hanbali), dove il giovane Hallaj aveva studiato grammatica, Corano ed esegesi. Tornò nell’873 a Tustar e si mise al servizio del noto shaykh sufi Sahl. Nell’857 a Bassora ricevette l’abito sufi (khirqa) e cadde sotto l’influenza di famosi shayk come Muhasibi e ˓Amr Makki, entrambi associati ad al-Junayd, capo della scuola di Sufismo di Baghdad.
Nel periodo tra l’877 e l’883 si sposò e ebbe una figlia e tre figli. Il terzo figlio, Hamd, ha lasciato un racconto di testimone oculare degli ultimi giorni in prigione di suo padre e della sua esecuzione pubblica. Fu coinvolto nella rivolta degli schiavi neri (Zanj) incentrata su Bassora, che era guidata ideologicamente dagli oppositori sciiti del califfato sunnita ˓Abbaside. Sebbene sunnita, si trasferì in circoli sciiti e in seguito fu accusato di essere stato influenzato dal Mahdismo. Fece il primo di questi tre ritiri di tre anni alla Mecca e pronunciò la sua famosa dichiarazione “Io sono la verità” (Ana al-Haqq), che i suoi oppositori interpretarono come blasfemia ma che in seguito i sostenitori interpretarono come “Dio mi ha svuotato di tutto tranne che di se stesso”. Questa è stata l’espressione più estrema dell’unione mistica con Dio nella storia del misticismo islamico.
Dopo che la sua famiglia si stabilì a Baghdad, Hallaj partì per due lunghi viaggi missionari in Khurasan e in India tra l’887 e il 901, predicando in particolare ai nomadi turchi e ai turchi uiguri manichei. Durante questo periodo compose i suoi primi libri e gli fu dato il soprannome di “lettore di cuori” (al-Hallaj al qulub). Tra un viaggio e l’altro fece il suo secondo pellegrinaggio alla Mecca e incontrò due famosi shaykh, l’anziano Nuri e il giovane Shibli. Nel 904 visitò Gerusalemme, pregando nel Santo Sepolcro di Gesù, che in un periodo precedente aveva proclamato il Mahdi. A quel tempo predicava anche l’idea di adempiere all’obbligo di pellegrinaggio fuori della Mecca creando Ka˓bas in miniatura nelle case, che fu sollevata contro di lui come trasgressione della legge sacra al suo processo. Predicò apertamente contro gli scandali fiscali e la corruzione politica legati all’indebolimento del Califfato, che alla fine portarono al suo arresto, in nome dell’ordine pubblico, e alla lunga prigionia (913-922). Nel 922 a Baghdad fu accusato di eresia, fustigato, punzecchiato e il suo corpo fu bruciato.
Mascherata come un processo legale per eresia, la morte di Hallaj è rimasta un argomento controverso per tutta la successiva storia islamica ed è diventata un tema drammatico di molte opere moderne in arabo, persiano, turco e inglese.
Tra le sue principali idee mistiche c’erano l’unione totale con Dio e l’Essenza del Desiderio (˓ishq dhati), discorso con Dio (shath), l’esistenza di santi sostitutivi (abdal) per tutta la comunità, l’attuale testimone (shahid ani) dell’Eterna, fraterna unione di due anime (ittihad an-nafsayn), e il grido di giustizia (sayha bi˒l-haqq).