Concordato di fontainebleau

Titolo fuorviante dato a un tentativo di accordo nel 1813 tra papa pio vii e napoleone i. Questi due uomini avevano concluso il concordato francese del 1801 a cui Napoleone aveva allegato gli articoli organici. Quando Napoleone tornò dalla Russia (dicembre 1812), volle concordare con il carcerato Pio VII un nuovo patto che incorporasse l’adesione al gallicanismo, la designazione dei due terzi dei cardinali da parte dei sovrani cattolici, il disconoscimento dei “neri” cardinali, l’istituzione della residenza papale a Parigi e l’istituzione dei vescovi da parte dei metropoliti. Quando i negoziati condotti da Duvoisin si rivelarono inconcludenti, l’imperatore si recò a Fontainebleau, a 35 miglia da Parigi, per vincere la resistenza del papa (19 gennaio 1813). Contrariamente ad alcuni racconti, Napoleone non mise in scena scene violente. Dopo cinque giorni di discussioni, il 25 gennaio riuscì a far sottoscrivere al papa esausto dieci articoli, che dovevano essere tenuti segreti e dovevano servire come base per un accordo definitivo.

Secondo questo accordo preliminare, il papa eserciterebbe il suo ufficio in Francia e nel regno d’Italia allo stesso modo dei suoi predecessori; manterrebbe anche la rappresentanza diplomatica. I suoi agenti avrebbero amministrato quei domini papali che non erano stati alienati. Per compensare i beni alienati, il papa riceverebbe due milioni di franchi. Si accorderebbe con l’istituzione canonica dei vescovi appena nominati entro sei mesi, altrimenti il ​​metropolita lo fornirà. Il papa avrebbe avuto il diritto esclusivo di nominare alle sei sedi suburbicarie e alle sedi titolari. Agirà di concerto con l’imperatore per ridurre il numero delle diocesi in Toscana, Genova, Olanda e nei dipartimenti anseatici. L’imperatore promise di restituire alle sue grazie quei cardinali e prelati che lo avevano scontento. Infine, la Congregazione per la Propagazione della Fede, il Sacro Penitenziario e l’archivio papale sarebbero stati ristabiliti “nel luogo dove ha soggiornato il Santo Padre”.

Questi dieci articoli indicavano che Napoleone aveva ritirato alcune delle sue prime pretese ma aveva ottenuto l’istituzione canonica dei vescovi da parte dei metropoliti, la concessione che desiderava di più. Anche se questo doveva essere solo un accordo segreto e preliminare, Napoleone lo pubblicò come un nuovo concordato concluso con Pio VII. Contrariamente alle affermazioni di Bartolomeo Pacca nelle sue memorie, i cardinali “neri” tornati in Francia non furono i responsabili del disconoscimento da parte del papa delle sue concessioni. Recentemente tra le carte della Pacca è stata ritrovata una dichiarazione con la grafia del papa che attesta che il 28 gennaio Pio VII insistette affinché gli articoli del 25 gennaio venissero messi da parte, abrogati e annullati. In questo momento il papa decise di attendere il ritorno dei suoi cardinali per consultarli, non sulla revoca di questo atto, ma sulla procedura migliore da seguire per rendere meno gravi le conseguenze del suo disconoscimento. Dopo aver deliberato con i cardinali, il 24 marzo Pio VII inviò a Napoleone una lettera in cui ritraeva quanto aveva ammesso, ma aggiungeva che era disposto a fare sistemazioni su altre basi in conformità con il suo dovere. Napoleone ordinò che questa lettera fosse mantenuta segreta e proclamò il Concordato di Fontainebleau come legge dell’impero. La caduta di Napoleone ha impedito che il cosiddetto concordato venisse mai applicato.

Bibliografia: a. mercati, Raccolta di Concordati … (Roma 1954) 1: 579–585, ha il testo del concordato. l. pasztor, “Per la storia del Concordato di Fontainebleau, ” Chiesa e stato nell’ottocento: Miscellanea in onore di P. Pirri, ed. r. Aubert et al., 2 v. (Padova 1962) 2: 597–606. j. leflon, The Revolutionary Crisis, 1789–1846 (Storia della chiesa dalle origini ai giorni nostri 20; 1949). un. Latreille, La Chiesa cattolica e la rivoluzione francese, 2 v. (Parigi 1946–50) v.2. p. fÉret, Francia e Santa Sede sotto il Primo Impero, la Restaurazione e la Monarchia di luglio, 2 v. (Parigi 1911) v. 1.

[j. leflon]