Clericalismo

Fin dal Medioevo l’aggettivo clericale ha designato ciò che si riferisce ai chierici e al clero. Nel XIX secolo i francesi e gli italiani crearono un sostantivo fuori del termine e gli diedero un nuovo significato per cui clericale significava un cattolico, chierico o laico, che con più o meno successo difendeva i diritti della Chiesa, in particolare quelli del papa come sovrano temporale. Nemici della Chiesa e difensori dell’unità italiana attribuivano a questi clericali un sistema, che c. 1865 hanno etichettato il clericalismo. Lo scopo di questo sistema, è stato affermato, era quello di sottomettere i governi civili a livello nazionale e locale ai desideri di papi, vescovi e sacerdoti. I giornalisti inglesi hanno adottato il neologismo c. 1883; ma la polemica antiromana aveva precedentemente arricchito il suo vocabolario con termini quasi sinonimi, come prete, frodi sacerdotali, priestridden, monaco e papato. I decenni successivi ampliarono le connotazioni del clericalismo, così che servì a designare ogni intervento eccessivo di una religione negli affari pubblici, o ogni tentativo di dominio su uno stato da parte di una religione. L’attenzione sarà qui limitata al clericalismo attribuito a torto o giustamente alla Chiesa dagli anticlericali e dagli stessi cattolici.

Per gli anticlericali, il clericalismo si è rivelato una parola utile a fini polemici. Con il pretesto di porre rimedio a un abuso, gli anticlericali hanno spesso attaccato la Chiesa. Una frase è diventata famosa: “Le cléricalisme, voilà l’ennemi!” (“Clericalismo! Questo è il nemico.”). Léon Gambetta, che lo ha coniato (4 maggio 1877), ha affermato di citare il suo amico Peyrat. Peyrat non ha però usato proprio queste parole, ma: “Le catholicisme, c’est là l’ennemi!” [L. Capéran, Storia contemporanea del secolarismo francese 3 v. (Parigi 1957) 1:60, 63]. Alla Camera dei Deputati nel 1901 René Viviani negò che potesse esserci una differenza tra il cattolico più sincero e il clericale. I politici fingevano di voler individuare non i buoni pastori o il loro gregge ma i gesuiti, la congregazione, il Vaticano (inteso come una potenza straniera) e le congregazioni religiose internazionali che accumulavano proprietà a mortmain.

I cattolici, d’altro canto, non si stupivano che la Chiesa fosse oggetto di persecuzione. Il successo di una persecuzione che utilizzava un concetto così equivoco, tuttavia, spinse i cattolici a un esame di coscienza. Nella loro reazione contro un’invasione del laicismo si chiedevano se i successori di Gregorio VII fossero andati troppo oltre; se la revoca dell’Editto di nantes (1685), così ampiamente acclamato dalla gerarchia francese, non fosse stata un’ingiustizia; se in difesa delle sue immunità un clero ben protetto non avesse mascherato il proprio egoismo; se molti chierici non stessero sognando un nuovo Costantino che avrebbe facilitato il loro lavoro ministeriale; se il clero francese non fosse stato troppo compiacente con Napoleone III, che era così abile nel farne uso; se fosse importante religiosamente preferire un regime monarchico a uno repubblicano; e se i pastori non mostrassero una tendenza troppo pronunciata a comportarsi come “capitani di parrocchia”. In breve, il clericalismo è esistito in passato e continua ad esistere. Anche se scompare, molto probabilmente la tendenza da esso espressa durerà.

Vedi anche: anticlericalismo; laicismo.

Bibliografia: j. lecler, Le due sovranità (New York 1952), tr. da Fr .; cattolicesimo 2: 1235-39. f. mÉjan, Laicità di Stato (Parigi 1956). ca whittuck, Enciclopedia della religione e dell’etica, ed. j. Hastings, 13 v. (Edimburgo 1908–27) 3: 689–693.

[vs. berthelot du chesnay]