Il termine sanzione divina è usato per trasmettere l’idea che l’uomo è in ultima analisi responsabile di Dio per le sue azioni qui sulla terra. Questa convinzione è fondamentale per una visione religiosa del mondo. Implica che l’uomo non è autonomo ma è sotto Dio e tuttavia allo stesso tempo un agente libero e non vittima del destino (vedi destino e fatalismo). Significa che gli eventi in questa vita hanno effetti che trascendono di gran lunga l’ordine puramente temporale.
Il concetto di ricompensa e punizione riscontrato tra i popoli non cristiani esprime questa verità solo in modo molto inadeguato. La dottrina della metempsicosi nelle sue varie forme è molto diffusa e deve la sua popolarità alla difficoltà che l’uomo sperimenta nell’immaginare una sanzione definitiva e irreversibile. Una successione di vite, come proposto da molte religioni asiatiche e varie forme di teosofia, consente una sorta di ricompensa o punizione ma non tiene conto della continua esistenza della persona umana. La vera idea di espiazione viene distrutta se l’uomo non sa per cosa sta espiando.
È alla rivelazione che ci si deve rivolgere per un trattamento completo della sanzione divina che preserva la libertà e la responsabilità dell’uomo. Negli scritti precedenti dell’Antico Testamento c’è la ferma convinzione che qualsiasi trasgressione della legge porti infelicità in questa vita. La peste, la carestia, la guerra sono considerate indicazioni del dispiacere di Dio verso il Suo popolo (ad esempio, in 1 Re 9.9). Solo più tardi, quando sorge il problema della sofferenza dei giusti (Libro di Giobbe), si riconosce che l’unica vera spiegazione è da ricercare in una ricompensa e punizione dopo la morte. È nella successiva letteratura di saggezza che l’immortalità dell’anima e la natura dell’aldilà sono elaborate più pienamente. Il Nuovo Testamento sottolinea il fatto che questa sanzione sarà nella prossima vita. Cristo parla di compensazione in questa vita (Lc 18.29-30), ma l’impatto delle sue affermazioni è che la vera ricompensa o punizione è riservata al dopo e questo è di natura spirituale e non deve essere paragonato alle gioie e ai dolori di questa vita.
La natura dell’uomo è tale che sarà sempre necessario il ricorso a una sanzione definitiva; l’ideale stoico e kantiano di virtù fine a se stessa non tiene conto dell’uomo nella sua attuale situazione decaduta. Ma lo stoicismo fa bene a reagire contro un’adorazione servile di Dio il cui unico motivo è la paura della punizione o la speranza di una ricompensa (vedi stoicismo; kantianesimo). La fede in Dio come ricompensatore e punitore serve a instillare nell’uomo un senso di dipendenza da Dio e responsabilità nelle sue azioni. La sanzione di Dio non è una decisione arbitraria imposta senza alcun legame intrinseco con ciò che fa l’uomo. Piuttosto, è la manifestazione di come le sue attività stanno nella realtà. Se la sua vita è diretta da Dio, raccoglierà la ricompensa e otterrà Dio; se non è diretto a Lui, non Lo raggiungerà.
Vedi anche: fuoco del giudizio; giudizio, divino (nella Bibbia); giudizio, divino (in teologia); merito; escatologia, articoli su.
Bibliografia: Dizionario di teologia cattolica, ed. a. vacante, 15 v. (Parigi 1903–50; Tables générale 1951–), Tables générale 2: 2705–19. w. pesch, h. patatine fritte, ed., Manuale di termini teologici di base, 2 v. (Monaco 1962–63) 2: 748–751.
[me williams]